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IPOTERMIA.
(del Dott. Avalle L. e del Dott.  Marenco D.)



Introduzione.

In questo capitolo tratteremo una breve storia dell’ipotermia. Descriveremo la vita del Dott. Temple Fay. Esempio luminoso di ricercatore e di uomo la cui vita è stata un modello di lotta contro il male sia fisico sia morale di cui l’umanità non riesce a sottrarsi.
Il concetto base al quale il Dott. Fay si riferiva, era che il raffreddamento totale dei pazienti rappresentava  già per se una cura. E le sue indagini lo convinsero sempre più che era nel giusto.
Oggi che la chirurgia è realizzata con strumentazioni che a quei tempi erano impensabili; l’utilizzo dell’ipotermia è pensato come tecnica da applicarsi a pazienti che sono a rischio nell’intervento.
Noi riteniamo che la via intrapresa da questo scienziato sarebbe da ristudiare e rivedere con i limpidi occhi della ricerca scientifica.





Dott. Temple Fay.    
Il Dott. Temple Fay è uno tra i grandi che hanno aperto un significativo paragrafo  come pioniere della "refrigerazione totale" del corpo umano.
Chi con il suo coraggio e la sua determinazione ha causato la "rottura della barriera termica". Con questo termine era menzionato il limite di temperatura oltre il quale si riteneva che un essere umano non potesse sopravvivere. La corrente conoscenza medica prediceva che un paziente sottoposto a un raffreddamento totale inferiore a quello naturale fosse di se un limite. Condizione che causava il decesso del paziente stesso. Per questo motivo era chiamata "barriera termica ".
Ci riferiamo al Dottor. Temple Fay.  (fig. 1), uno dei più importanti e qualificati neurochirurghi del suo tempo, verso il quale l’Umanità ha un grande debito di riconoscenza.
Egli fu un insigne studioso e un encomiabile esempio di correttezza e di coraggio professionale.
Fay credeva che la temperatura del corpo sia un importante fattore fisiopatologico in alcune malattie come il cancro.
Le scoperte del Dott. Fay hanno portato alle attuali indicazioni terapeutiche e  tecniche per l’ipotermia.
Come uomo era anche dotato di una tolleranza verso l’incomprensione umana e questa sua qualità di carattere  rende ancora più gradevole e piacevole lo studio della sua vita e delle sue opere.

I suoi inizi.

Temple Fay è nato il 9 gennaio 1895 nella città di Seattle, Washington. I suoi genitori provenivano entrambi da famiglie di grandi scienziati e naturalisti. Indicativo il fatto che già bambino, Fay era cresciuto in un ambiente accademico con un grande futuro e alte aspettative [1,2].
Già dall’età di dodici anni il Dott. Temple Fay aveva ben chiaro in mente quale sarebbe stato il suo destino professionale. Nonostante le pressioni subite dalla sua famiglia che desiderava per lui una carriera nell’ambito religioso, egli seguì la sua vocazione e divenne un medico.
Ha frequentato la Scuola di Medicina dell’Università della Pennsylvania [2].
Fay ha trascorso tutto il suo tempo libero nei reparti con il Dott. William G. Spiller e il Dott. Charles H. Frazier, che erano ben noti rispettivamente come neurologo e  chirurgo [1,2].
Ha iniziato come assistente del Dott. Spiller e in seguito ha assistito il dottor Frazier in interventi chirurgici per diventare assistente in neurochirurgia e istruttore in neurologia [2].
Egli imparò tutto il possibile da essi e diventò un neurologo e neurochirurgo di abilità eccezionale. Ha sempre preteso la perfezione dalle persone che agivano intorno a lui così come lealtà e onestà [1].
Le sue infinite domande e sete per la conoscenza l’hanno portato a scoperte in parecchie aree della neurochirurgia e della scienza [3].
La sua vita professionale.
Il 28 novembre 1938, Temple Fay introdusse per primo l’ipotermia corporea totale come trattamento per i tumori e i danni cerebrali [4].

Gli fu indirizzata una giovane donna con un dolore insopportabile derivante da un carcinoma metastatico al seno per una possibile cordotomia.


Attese, titubante,  parecchi giorni con il timore degli eventi sconosciuti, conscio degli insegnamenti fisiologici appresi negli studi passati. Si riteneva che non si potesse vivere a lungo sottoposti a temperature sotto i 95F (35°C).  
Fay finalmente trovò la determinazione per portare avanti il progetto.
Era una giornata invernale frizzante caratteristica del clima di Philadelphia. Dopo aver spento il fuoco e aver chiuso la porta del corridoio, Fay aprì tutte le finestre permettendo alla stessa Natura di fornire l’aria fredda che permise di mantenere solide le 150 libbre di ghiaccio tritato sulle quali giaceva il suo paziente.
Per questa esperienza fu utilizzato un termometro di laboratorio per misurare la temperatura rettale perché i termometri clinici non erano calibrati per temperature sotto i 94F (34.4°C). La temperatura rettale fu portata presto sotto i 90F (32.2°C) e rimase così per diciotto h. In seguito il paziente fu riscaldato dal calore applicato alla superficie corporea e da un clistere di caldo caffè.
Fay commentò con queste parole l’insolito trattamento: "Entro poche ore il paziente ritornò ai livelli di coscienza e non ricordò l’esperienza".
Nessun infermiere volle partecipare e ci fu uno stato di ammutinamento.
Fay di conseguenza sviluppò una speciale coperta refrigerante (Figg. 2 e 3).
Condusse 169 episodi di refrigerazione umana totale su pazienti desiderosi di un sollievo dal dolore cronico intrattabile associato a tumori maligni metastatici. Fu registrata una straordinaria bassa mortalità (11.2%) e si riscontrò un alto successo di sollievo dal dolore (95.7%) [4].
Fay creò una strumentazione in grado di raffreddare all’interno del cranio attraverso una diretta irrigazione servendosi di capsule metalliche, portò inoltre una localizzata ipotermia nel letto del paziente che ebbe subito una post-craniotomia cancerosa. Fu quindi applicata di routine a pazienti con ascessi cerebrali, e osteomieliti del  cranio prima dell’avvento degli antibiotici una refrigerazione localizzata attraverso ingegnose strumentazioni.
Riguardo pazienti con danni cerebrali gravi, Fay sviluppò un programma d’ipotermia. La più bassa temperatura rettale raggiunta fu 75F (23.88°C) e mantenuta per tre giorni e il paziente recuperò totalmente.
Nel 1939  i dati concernenti le ricerche di Fay furono presentati al Terzo Congresso sul Cancro, il manoscritto inoltrato in Belgio per la pubblicazione fu confiscato dai Nazisti.
Nei campi di concentramento Nazisti, specialmente Dachau, queste tecniche furono brutalmente applicate senza i benefici dell’anestesia.
L’utilità dell’ipotermia clinica fu pertanto ritardata per decenni: a essa furono associate le atrocità naziste.
Nonostante l’elevato numero di "soggetti umani" a disposizione dei medici nazisti, la scienza dell’ipotermia non registrò alcun progresso. L’umanità subì da questi fatti un  periodo di oscuramento scientifico e morale.
La seconda guerra mondiale interruppe il "programma di refrigerazione umana", Fay spedì la sua strumentazione a Claude Beck e Charles Bailey per aiutare il loro lavoro pionieristico d’ipotermia nella chirurgia cardiaca [4].

I suoi ultimi giorni.

Il Dott. Fay negli ultimi anni di ricerca clinica ha rivolto il suo studio alla cura  della paralisi mentale e la sua riabilitazione [3].
Nel 1960, dopo lo sviluppo dell’encefalopatia ipertensiva, si è ritirato nella sua casa chiuso a studiare e a scrivere gli argomenti e le tesi chirurgiche che lo hanno impegnato nella sua intensa vita [1,3].
L’ipotermia terapeutica è diventata, grazie al suo particolare apporto, parte del corredo per i medici nel corso degli ultimi cinque anni [5,6 ].
L’uso di questa tecnica ha chiaramente dimostrato un indicativo miglioramento neurologico in una varietà di disturbi  [5,8]. Tale miglioramento è dovuto principalmente agli sforzi del Dott. Fay per infrangere la barriera termica e tutte le altre che gli uomini di ricerca devono, talvolta, affrontare e abbattere.  Molti studiosi hanno proseguito le ricerche di questo insigne medico al quale è doveroso rivolgere un ringraziamento  [7].
Negli ultimi anni 80 si risvegliò l’interesse per l’ipotermia quando fu  mostrato che un leggero abbassamento termico a un paziente  gli conferiva un’evidente neuro protezione in una vasta categoria di disfunzioni dovute a danno cerebrale. Attualmente l’ipotermia sta ricevendo attenzione senza precedenti dalle comunità mediche e scientifiche. Vedremo nel seguito (anni 2012) interventi di ogni tipo di disfunzione, sia cerebrale sia cardiaca, compiuti con questa tecnica, risolti con grande successo.



 

Fig. 2.  Uno speciale materasso coibentato si trova tra il letto e la coperta a chiusura lampo contenente un tubo di gomma per una continua circolazione della soluzione refrigerata. L’aggiunta di un cappuccio permette la totale applicazione del freddo alla testa.


 


Fig. 3. Paziente in "refrigerazione generale" con l’ausilio di una speciale coperta contenente una tubazione di gomma, con circolazione continua di una soluzione refrigerata  e controllo automatico della temperatura.
L’immagine presenta anche la termocopia rettale.


 


Dopo la seconda guerra mondiale, l’azoto liquido (-196°C) è diventato disponibile in commercio.   Nel 1950 questo fluido criogenico è stato introdotto nella pratica clinica dal Dott. Ray Allington. Egli utilizzò la tecnica descritta in precedenza servendosi di tamponi di cotone immerso in azoto liquido per il trattamento di una varietà di malattie neoplastiche della pelle,  (verruche, cheratosi, e diverse altre lesioni neoplastiche [9]).
Nel 1958, James Miller da New Orleans e Bjorn Westin da Stoccolma condussero un singolare studio clinico coinvolgendo dieci bambini fortemente depressi che avevano fallito i metodi convenzionali di rianimazione disponibili per quel tempo [10]. I bambini in apnea furono immersi in un bagno di acqua fredda costruito espressamente. Quest’operazione fu interrotta quando avvenne una spontanea respirazione e la temperatura rettale si avvicinò ai 27°C. I piccoli pazienti furono poi asciugati e lasciati riscaldare spontaneamente. La minima temperatura del corpo era fra 23 e 30°C e i periodi di apnea andavano dagli 8 ai 79 minuti. A controlli effettuati dieci anni dopo, nessuno dei nove bambini sopravvissuti mostrò problemi neurologici o specifiche paresi cerebrali.
Nell’anno 1958, il raffreddamento extracorporeo, con una pompa ossigenatrice, fu usato con successo per la chirurgia a cuore aperto [11]. Quest’intervento è stato pubblicato in occasione della prima Associazione chirurgica del sud, White Sulphur Springs, West Virginia, 10-12 dicembre, 1957.
In questa relazione gli autori sostengono che una soddisfacente chirurgia a cuore aperto può essere fatta solo quando il metodo di bypass cardiopolmonare consente un tempo sufficiente per una riparazione intracardiaca deliberata e precisa.
Qualsiasi metodo che non permette quest’attesa deve avere necessariamente un’applicazione limitata.
Da quanto abbiamo avuto modo di verificare lo sviluppo delle "tecniche del freddo" ha costantemente seguito il progresso tecnologico che è legato alle scoperte scientifiche e tecniche.
L’evoluzione della fisica della medicina e dell’ingegneria viaggia  di pari passo e, come vedremo nel prossino capitolo, uno è legato all’altro.
Un ultimo esempio di come le esperienze passate siano diventate patrimonio della chirurgia attuale, presentiamo una serie d’interventi che testimoniano la giusta visione del Dott. Fay nei riguardi di questa tecnica che riscuote ancora oggi grandi successi ed è in un continuo progresso chirurgico e tecnologico.
L’ipotermia già introdotta dal Dott. Fay nel 1938 si è sviluppata ed ha affinato le tecniche chirurgiche e la strumentazione criogenica.
Alla fine degli anni 2010 in tutto il mondo è praticata con successo su soggetti giovani ed anche anziani.
Nel 2010 i Dottori Gunasekaran G, Bencsath K, Hupertz V, Fung JJ, Pettersson G, Miller C. della Cleveland Clinic Foundation, Cleveland USA registrano un intervento d’ipotermia profonda con arresto circolatorio su di un bambino per aiutare la gestione della stenosi della vena cava come conseguenza di un intervento epatico. I risultati sono stati soddisfacenti [12].
L’anno seguente un’equipe russa guidata dal Dottor Kazanskaia GM et al. descrivono i vantaggi dell’ipotermia applicata a bambini con la malattia di Roger e la diminuzione dei rischi connessi [13].

Nel 2011 i Dottori Krüger T, Weigang E, Hoffmann I, Blettner M, Aebert H, della GERAADA Investigators. (GERMANIA) descrivono la protezione cerebrale durante l'intervento chirurgico per la dissezione aortica acuta di tipo A: risultati del Registro di sistema tedesco per il tipo di dissezione aortica [14]. Un’ulteriore domanda viene da ricercatori degli stati uniti e precisamente dai Dottori Lima B, Williams JB, Bhattacharya SD, Shah AA, Andersen N, Gaca JG, Hughes GC. Che scrivono se i risultati di sostituzione dell'arco prossimale con ipotermia profonda per arresto circolatorio, è ipotermia moderata davvero giustificabile [15]. Di contro ricercatori australiani pubblicano una relazione nella quale informano di una  sostituzione del primo arco aortico senza arresto circolatorio o ipotermia profonda. Matalanis G, Koirala RS, Shi WY, Hayward PA, McCall PR. Sono gli studiosi che hanno provato detta esperienza chirurgica [16]. Nello stesso anno  Università della Malesia [17] del Belgio [18] presentano i loro lavori riguardo all’ipotermia evidenziandone gli innegabili vantaggi.
Nell’anno 2012 innumerevoli sono gli interventi effettuati nel mondo. Gli Stati Uniti si presentano con parecchi interventi aortici con arresto circolatorio ipotermico [19-23]. Anche dalla Grecia ci giunge, in quell’anno, una pubblicazione d’intervento aortico con arresto circolatorio ipotermico [24]. E due lavori dal Giappone sempre sullo stesso tema, attestano l’interesse per questa tecnica [25,26] e una ricerca sul miglioramento del monitoraggio dei potenziali evocati durante l’intervento chirurgico dell’aorta toracica in ipotermia [27].
In Italia dall’Università di Bologna il Prof. Pacini D. et al. presenta una pubblicazione dal titolo: "Perfusione cerebrale anterograda selettiva e chirurgia ipotermica moderata dell'arco aortico: esiti clinici nei pazienti anziani" [28].
A pochi mesi di distanza dalla Cina è presentato un lavoro sperimentale su di un coniglio studiandone la protezione cerebrale in arresto circolatorio [29] mentre i professori  Ji B, Liu J, Wang X, Long C, cinesi, si cimentano con il tema della sicurezza [30]. Lo stesso argomento è proposto dall’equipe tedesca dei professori Zierer A, Moritz A. i quali indagano sulla protezione cerebrale per la chirurgia dell'arco aortico adottando una lieve ipotermia selettiva con perfusione cerebrale [31].
Nel 2012 a Siena in Toscana (Italia) è stato realizzato un intervento su di un bambino la cui temperatura corporale è stata abbassata a 18 gradi centigradi.
I chirurghi dell’Ospedale delle Scotte di Siena hanno fermato il suo cuore per quindici minuti ed hanno avviato l’intervento per togliere un grosso aneurisma dal suo cervello.
Il bambino ha sette anni e proviene dalla provincia di Caserta. L’équipe che si è occupata di lui è composta di venti persone di tre ospedali diversi ed è stata guidata dal neurochirurgo Giuseppe Oliveri. Il bambino ha avuto un’ischemia cerebrale alla nascita, con la chiusura di un’arteria e, in seguito, si è formato un grosso aneurisma nel cervello. Il caso è stato seguito nella pediatria dell’ospedale senese, è stato valutato con il cardiochirurgo Eugenio Neri e il neurointerventista Carlo Venturi che ha realizzato un’angiografia tridimensionale, con un apparecchio di ultima generazione, per individuare e valutare la particolarità della malformazione e tutte le possibilità d’intervento. Data la complessità del caso, è stato escluso sia l’intervento chirurgico tradizionale sia quello endovascolare, con la fondamentale collaborazione della Neurochirurgia Pediatrica dell’ospedale Meyer di Firenze, diretta da Lorenzo Genitori e della cardiochirurgia dell’Ospedale di Massa, con lo staff guidato da Bruno Murzi. Il gruppo del Dott. Giuseppe Olivieri ha isolato l’aneurisma e il Dott. Lorenzo Genitori ha rivascolarizzato il cervello con un intervento molto complesso, utilizzando una tecnica di neurochirurgia pediatrica per la malformazione dei vasi. I cardiochirurghi hanno eseguito l’apertura del torace per incannulare l’arteria in modo da rendere possibile la circolazione extracorporea. E’ un risultato importante per Siena, realizzato grazie all’eccellenza diagnostica e interventistica e un bel traguardo per tutto il sistema sanitario toscano, con la piena sinergia realizzata tra Le Scotte, l’ospedale pediatrico di Massa e il Meyer di Firenze.
Il bambino, dopo una breve permanenza in Terapia Intensiva Neurochirurgica, è ricoverato in Neurochirurgia Pediatrica, sta bene.





 


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